Postcards From Bosnia: Jasminka, i Diavoli della Porta Accanto
DEATH OF A HERO
Ahmed Shah Massud
> TRIBUTEWi> INTERVIEW
> MESSAGE TO THE
PEOPLE OF THE USA

NEW YORK, NEW YORK!
Tribute to
a defaced city
FAREWELL MARJAN...
Marjan, the one-eyed lone
lion is no longer the king of
Kabul zoo
PICTURES from the grenade attack!
Dear Visitors, these next pages are a heartful tribute to Maria Grazia Cutuli, sweetest friend, valued travelmate and skillful writer for Corriere della Sera, major italian newspaper, who was ambushed and killed by unknown assailants on November 19 2001, while traveling from Jalalabad to Kabul (Afghanistan) together with colleagues Julio Fuentes (spanish newspaper El Mundo), Harry Burton and Hazizullah Haidari (cameraman and photographer, Reuters).
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JASMINKA, I DIAVOLI DELLA PORTA ACCANTO (1995)
>Maria Grazia Cutuli
copyright and courtesy Corriere della Sera

43272 Jasminka Dedic, Vogosca (Sarajevo), 1996

Adesso potrebbe tornare. Gli accordi di pace di Dayton, con il «trasferimento di autorità» delle aree occupate dai serbi ai bosniaci, le danno il diritto di riprendere il suo vecchio appartamento di Vogosca, alla periferia di Sarajevo. Eppure Jasminka Dedic, 35 anni, musulmana, un marito e due figli, non è affatto sicura che rimetterà piede nel suo quartiere. A Vogosca è successo qualcosa, una notte di stupri e di violenze in mano ai serbi, che ha cambiato per sempre la sua vita e reso amarissima persino la pace. «Non erano serbi qualunque», dice. «Erano vicini di casa, amici di famiglia, conoscenti».
La storia di Jasminka non è solo quella di una delle tante musulmane violentate dai serbi. E' un piccolo simbolo di una grande catastrofe, di una guerra che ha prodotto lacerazioni insanabili, ferite difficili da cicatrizzare, un intrigo di odi che nessun accordo di pace potrà facilmente districare. Una vicenda fra tante, che può fose spiegare perchè nessuno in Bosnia ha avuto la voglia o il coraggio di celebrare questa pace di Dayton, osannata nel resto del mondo. Non si sono viste scene di gioia in questi mesi a Sarajevo. Nessuna festa per la liberazione. Anche il «trasferimento d autorità» dei quartieri occupati dai serbi alla nuova Federazione croato-musulmana, il 19 marzo, si è trasformato in una lugubre pantomima, con roghi, saccheggi, vendette a suggellare l'uscita di scenadegli ex aggressori.
Jasminka vive ad Hotonj, un altro sobborgo di Sarajevo, in una casa occupata dopo che è fuggita da Vogosca. Bisogna arrampicarsi tra le neve eil fango per arrivarci. Le mura sono crivellati di colpi. Ma la donna non rimpiange nulla del suo passato. «Niente potrebbe ormai tornare come prima», dice tirando fuori una sigaretta da un pacchetto di Drina. Prima della guerra, possedeva due case, due macchine, lavorava come ispettrice per un'azienda e militava nell'Sdp, un partito di sinistra che si batteva per la parità di diritti tra serbi, croati, musulmani.«Oggi ho solo mio marito e i miei due figli, uno di 15, l'altra di 11 anni, e questo è tutto quello che conta».
La guerra è scoppiata a Vogosca il 15 aprile 1992, quando il quartiere è stato invasa dalle formazioni par militari mandate da Belgrado, le «tigri» del comandante Arkan. «Si sparava dappartutto. Ce ne stavamo barricati a casa, come stranieri nella nostra stessa terra. Amici e conoscenti serbi avevano smesso di salutare musulmani e croati. "Dobbiamopensare alla nostra testa", dicevano. Dappertutto mi risuonava nelle orecchie quell'insulto, "balia", che è un dispreggiativo per "musulmana"». A giugno il quartiere era già pieno di cadaveri che nessuno iaveva il coraggio di rimuovere e con il caldo puzzavano. Jasminka aveva provato a chiedere il visto per l'espatrio, ma alla stazione di polizia l'avevano scaraventata giù dalle scale. I serbi nel frattempo cominciavano a prenderedi mira sia lei sia la sua famiglia. «Un giorno siè presentato Radovan Prodanovic, detto Gaga, uno dei boss serbi di Vogosca, a chiedere le chiavi della mia macchina. Poi sono arrivati altri, per prendersi la seconda auto. Una settimana dopo hanno arrestato mio marito. Volevano per sapere da lui dove quali collegamenti ci fossero tra me e mio padre, accusato di organizzare la resistenza contro i cetnici». Il marito viene liberato quasi subito, ma la pressione non si allenta. Il 21 aprile, Jovan Todoric, un serbo rimasto amico, si presenta in casa sua, scuro in viso e tesissimo:«"Jasminka", mi ha detto, "devi scappare. Sei nella lista dei ricercati". Ho capito che ero spacciata, ma volevo mettere in salvo almeno la mia famiglia» Quella sera stessa Jasminka ha costretto i suoi ad andare a dormire a casa della suocera. Poi si è preparata a ricevere gli ospiti. «Sono arrivati in tre. C 'era anche "Gaga", il boss. Ha ordinato che mi mettessero le manette, dietro la schiena. Avevano arrestato pure Jovan Todoric, sua moglie che è musulmana, e la signora croata che li nascondeva in casa. Il bambino della croata piangeva. Gagà ha ordinato di caricare i fucili. Ricordo che Joran mi ha sussurrato: "Vedi Jasminka, tre nazioni muoiono assieme"». Il macabro gioco è durata un attimo, poi i quattro sono stati caricati sulle macchine e portati all' Hotel Park, una locanda di Vogosca. Gli altri sono spariti. Jasminka è rimasta ammenettata nella hall, con un serbo accanto. «Ricordo benissimo la sua barba fetida, i suoi guanti senza dita, la lama del coltello piantata nel mio collo: "Cagna", mi ha detto, "lo sai che tutti i miei sono stati ammazzati da musulmani? Non sai neanche pregare, per salvare la tua pelle e quella dei tuoi figli"». In quel momento è arrivato un militare e l' ha portato in una camera, al piano di sopra. Dentro, due ragazze musulmane nude, e due soldati serbi, anche loro nudi. «Conoscevo le donne e conoscevo i militari», continua Jasminka, mettendosi a piangere. Uno, in particolare: Vitko Vitomir, un vecchio amico di famiglia. «E' entrato "Gaga" dicendo: "Avete finito con queste qui?" Poi, rivolgendosi a Vitko: "Ti ho portato Jasminka, vedi?". E lui, con un ghigno: "E' da un anno che aspetto di farmelaÓ». Vitko l' ha preso per le manette trascinandola in un' altra stanza. «Gli ho detto:"Vuoi veramente farmi questo?" Mi ha risposto: "E' la guerra. Dimenticati che siamo stati amici".


43271 "E' la guerra. Dimenticati che siamo stati amici"

Ha cercato di strapparmi i pantaloni, ma gli ho dato un calcio. Mi ha mollato una sberla, buttandomi a terra. Credo di aver perso i sensi, perché non ricordo più niente, solo acqua che scendeva sul mio viso. L'ho sentito sopra di me. Tentava di baciarmi. L'ho morso e mi ha dato un altro schiaffo. Ho sentito sangue, poi lui che mi penetrava. Ho sentito che piangevo. Quando stava per andar via mi ha detto: "Se ti fossi comportata meglio, ti avrei tenuta solo per me"». E' entrato un altro soldato, un ragazzino di 16, Lukic Rade-Pape. Jasminka conosceva anche lui. Ha tentato di commuoverlo: "Ho un figlio della tua stessa età..." Ma Lukic l' ha afferrata per il collo.«Ci ha messo un attimo a finire. Era troppo giovane anche per quello...Quando si è alzato, tronfio e soddisfatto, mi ha chiesto: "Sono stato più bravo di Vitko?". Gli ho risposto: "Siete tutti uguali, dei cetnici di merda"». Arrivava l'alba. La donna era coperta di sangue, inebetita. Stava cercando di rivestirsi, ma è spuntato il terzo.« Sentivo l'albergo risuonare di voci, di grida, mi sembrava di esser dentro a un'orgia collettiva, un gioco animalesco, bestiale». All'improvviso qualcuno ha bussato alla porta per dire che si era fatto tardi. L' hotel doveva riprendere i suoi ritmi diurni, ripulirsi dai riti osceni della notte .« Mentre Lukic, il ragazzo di 16 anni, mi portava via, con i vestiti strappati e sporchi di sangue, ho incrociato gli occhi della ragazza che stava alla reception. Era uno sguardo di schifo e di disprezzo» Per strada, le è venuta incontro la suocera che la cercava da ore. Lukic se ne è andato a occhi bassi, mentre la donna la accompagnava a casa.

43074 "Sono stato più bravo di Vitko?"

«C'erano tutti: miei figli, mia madre, mio marito che mi guardavano senza dire una parola. Poi il bambino mi è venuto vicino e mi ha chiesto :"Mamma, ti hanno violentata, vero?". Ho risposto che no, che ero sola caduta, ma lui è scoppiato a piangere».
Due giorni dopo, Jasminka e famiglia hanno deciso di passare le barricate e scappare da Vogosca. «Abbiamo occupato la prima casa che abbiamo trovato abbandonata. E subito mio marito ed io ci siamo iscritti alla Difesa territoriale, io come comandante, lui come soldato semplice. Abbiamo combattuto per tre anni.Gli uomini della mia compagnia mi chiavano "Blue star", ero l'unica donna, e mi hanno anche dedicato una canzone». Se per i nemici Jasminka era diventata la "Vamp", per il l tribunale dell'Aja, che l'ha interrogata di recente, è oggi invece una testimone importante per far luce sui crimini etnici. In quanto ai suoi stupratori Jasminka dice di non aver mai desiderato la vendetta nè prima nè dopo la pace. «Mi sono solo limitata ad andare a casa di Vitko, quello che un tempo era amico di famiglia Non c'era. Mi ha aperto il padre, ignaro di tutto. "Che cosa devo dire a mio figlio? ", mi ha chiesto. "Dica solo che sono passata a salutarlo"»

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Maria Grazia Cutuli
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Farewell, good ol' Marjan...
The lone king of Kabul zoo succumbs to his age at 48, after surviving years and years of deprivations and symbolizing to kabulis the spirit of resiliency itself

Well.....that's sad news, indeed. To my eyes, Marjan symbolized hope.  However, in thinking about that dear old lion's death I choose to believe that when he heard the swoosh of kites flying over Kabul, heard the roars from the football stadium, experienced the renewed sounds of music in the air and heard the click-click of chess pieces being moved around chessboards....well, the old guy knew that there was plenty of hope around and it was okay for him to let go and fly off, amid kite strings, to wherever it is the spirits of animals go.
Peace to you Marjan and peace to Afghanistan.
[Diana Smith, via the Internet]

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